Almeno i baby giallorossi sorridono in Nazionale. Calcio e studio nei ritiri azzurri: ”Bella novità”

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Chi l’ha detto che i ragazzi di 19 anni pensano solo al pallone e non a studiare? Nelle Nazionali giovanili hanno iniziato a farlo tutti insieme, e indovinate quale effetto hanno fatto i libri in ritiro? «È una novità che ci piace. Tante volte ci troviamo ad assentarci da scuola per lunghi periodi: ci fa piacere studiare, e anche passare il tempo in maniera diversa». Parola diArturo Calabresi, a detta dei compagni «il più bravo del gruppo», nonché vincitore della sfida di cultura generale organizzata con la supervisione dei tutor dell’Università di Roma-Foro Italico, con cui la Figc ha firmato ieri (alla presenza del presidente Carlo Tavecchio, del d.g. Michele Uva e del rettore dell’ateneo prof. Fabio Pigozzi) un accordo di collaborazione per il supporto allo studio durante raduni e trasferte di durata superiore a una settimana. Si parte con l’Under 17 (da ieri in Germania) e l’Under 19 (che giocherà in Austria), impegnate nella fase Elite delle qualificazioni all’Europeo.

GIÀ GRANDI A proposito di qualificazioni, a Lorenzo Pellegrini – con gli altri romanisti Calabresi e Capradossi e il laziale Murgia tra i papabili per la convocazione del tecnico Pane – brillano ancora gli occhi per quel gol magnifico contro il Manchester City che ha regalato alla Roma la certezza della semifinale di Youth League: «Qualcosa di straordinario. Nessuno puntava su di noi, quindi l’emozione è ancora più forte. Tifo Roma e ci gioco da 10 anni, questa maglia la sento mia». Murgia, aspettando il derby che assegnerà la Coppa Italia (l’andata, proprio per la concomitanza con la Youth League, non si giocherà l’8 aprile, oggi la Lega dovrebbe dare le date), spera «che l’anno prossimo possa giocarla anche la Lazio »: tutti, invece, fanno una riflessione sul calcio italiano. «Non tutte le gare della Primavera hanno un’intensità che ti permette di tenere alta la concentrazione per 90’. In Spagna, per esempio (ma le vorrebbe, tra gli altri, anche Agnelli, ndr), le grandi squadre ne hanno una in seconda serie: giocare con lo stesso modulo della prima ed essere monitorati da vicino sarebbe un’ottima cosa per il calcio italiano. Inconsciamente, giocando contro una squadra che non riesce a tenere il tuo ritmo, si fa fatica a non abbassarsi ai ritmi dell’avversario. Nelle nazionali, è normale che si viaggi a un’intensità superiore ». E se i 19enni a un passo dal professionismo fossero i tutor per la riforma dei settori giovanili?

La Gazzetta dello Sport – M. Calabresi

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