Corriere della Sera (M. Ferretti) – La Roma segna poco. Ma poco poco. Undici partite, distribuite tra DDR e Juric, e soltanto 10 reti (nella passata stagione erano state 26). Otto in campionato (come Cagliari e Monza) in altrettante gare (mai così male dal 2010-11: 7 reti), le rimanenti in Europa League in tre appuntamenti. Un brutto dato. Pessimo, anzi. Ce ne è un altro, poi, che deve indurre a un’ulteriore accurata riflessione: il 50% delle reti sono state firmate da Dovbyk. Se da una parte si può salutare con soddisfazione il rendimento dell’ex Girona, da un’altra non si può fare a meno di rilevare come i suoi 5 gol (3 + 2) sui 10 totali stiano li a indicare in maniera inequivocabile che la Roma davanti ha un problema.
Di finalizzazione, certo, ma anche di costruzione. O, per meglio spiegare, di rifinitura. Di gioco, per dirla con maggiore semplicità. La Roma fatica in maniera impressionante a creare opportunità vere, reali, concrete per far gol. Affermare che la squadra di Juric non sa attaccare è il minimo. Ha giocatori d’attacco, non ha gioco d’attacco. Il numero (alto) dei tiri verso la porta avversaria conta in maniera relativa se si valutano anche (soprattutto) le conclusioni terminate nello specchio delle porte avversarie.
Juric sostiene (spera) che l’attuale scarsa efficacia sia figlia di un problema momentaneo, ma il tempo di magra aumenta di pari passo con la penuria di reti. In questo panorama, il tecnico deve augurarsi che Dovbyk sia sempre in grado di andare in campo, perché la Roma in estate si è dimenticata di ingaggiare un altro centravanti. E che, quindi, non ci sono alternative all’ucraino. Shomurodov compreso.