Il Messaggero (B.Saccà) – Sbanda, la grande carovana del campionato di calcio. Agitata dal vento del duello per lo scudetto, si illude di divertire: e neppure si accorge di essere rotolata indietro lungo il piano inclinato del valore e della credibilità. Piovono i gol. Senza pudore si segna. Insomma, a guardarla bene, la Serie A assomiglia sempre di più a una nave – di quelle appena riverniciate: incamera litri di reti mentre, piano piano, affonda tra i sorrisi. Un camminare pericoloso. I numeri disegnano il profilo del quadro. Si sono disputate finora sette giornate, dunque 69 partite – e non 70 visto che, come si sa, la sfida tra la Sampdoria e la Roma non si è giocata. Allora. Delle 69 gare addirittura 41 sono state colorate da almeno tre gol: cioè il 59,4%. Un anno fa, tanto per capirsi, le goleade erano state 38. Dando uno sguardo verso l’estero, si scopre uno scenario diverso: che racconta che la Premier League ha generato 31 gare con più di due reti; la Liga e la Ligue 1, 37 ciascuna; e la Bundesliga appena 28. Tra l’altro, a confortare le cifre, va ricordato che il campionato francese ha già raggiunto l’ottavo turno; e che la Bundesliga è costituita da 18 squadre, quindi ha macinato nove partite meno rispetto alle leghe gemelle.
I NODI – Naturalmente non bastano i dati legati alle valanghe di gol per cogliere in controluce i tratti del nostro campionato. A spiegarne le qualità e soprattutto le imperfezioni provvede, così, un numero apparentemente innocuo, però certo allarmante, se confrontato ai tornei europei. Ovvero. La somma dei gol segnati (e, simmetricamente, subìti) dalle 20 squadre. In Italia, da agosto a oggi, sono piovute 199 reti – a un ritmo medio di 2,88 a partita. La Liga si è fermata a quota 193, la Premier League a 173 e la Bundesliga a 135. Particolare è il frutto della Francia, decollata addirittura a 211 gol – oltre tre ogni 90 minuti. Impressionante, a rifletterci. Tanto che, si è scoperto nelle ultime ore, non la registravano addirittura da 32 anni una prodezza del genere, i francesi. È chiaro, allora, che l’Italia voli oltre qualsiasi fantasia: perfino oltre se stessa, considerando che alla settima giornata del passato campionato i gol complessivi erano stati 185. Quattordici meno di oggi. Dall’incrocio di questi numeri scaturiscono riflessioni diverse, talvolta discordanti. La Serie A, innanzi tutto, è un campionato medio nel valore – e tendente al mediocre. Esaltarlo per il presunto grado di spettacolo semplicemente significa non volergli bene: perché il livello tecnico, in linea generale, è basso. Vien da dedurre che, alla fine, non si segni tanto per la bravura dei (pochi) campioni, quanto per la limitatezza delle difese e per la modestia dell’intelaiatura tattica delle squadre. E non è un caso che la Juventus e il Napoli abbiano realizzato insieme 45 reti: più delle ultime otto della classifica in compagnia. Non è poi inutile sottolineare un aspetto di natura sociologica: è sparita la classe media della Serie A. Esisteva una fascia di squadre che non lottavano per lo scudetto ma neppure per non retrocedere. Ecco, è evaporata. La Sampdoria, il Chievo, il Bologna, la Fiorentina, l’Udinese fino a poco tempo fa potevano aspirare anche a un accredito per le coppe. Invece oggi sembrerebbe quasi non interessare loro l’esito della stagione, una volta intuito di non poter competere per un piazzamento europeo. La forbice tra le grandi e le piccole si è allargata a dismisura: con le piccole che in campo si arrendono e ingoiano gol a profusione. Chiudere ottavi o 17esimi, in fondo, poco cambia. Forse si nasconde qui una delle chiavi esatte per sbloccare il futuro: nella capacità di ricomporre un’ampia classe intermedia. Ne beneficerebbe anche la Nazionale. Chissà, però, se la Serie A si renderà degna di un’ambizione simile. A questo punto, come scriveva Montale, «un imprevisto è la sola speranza»…