Il Messaggero (S. Carina) – Il calcio del terzo millen­nio sa essere alquanto crudele. Non importa se ti chiami Dybala, se sei campione del mondo e uno dei 2-3 calciatori, come qualità nei piedi, più importan­te del nostro campionato. All’improvviso compaiono i numeri e questi sono privi di sentimenti e soprattutto senza memoria. Non ricordano ad esempio che c’è una Roma con Paulo e un’altra senza, che se la Roma lo scorso anno è arrivata a Budapest e a un fischio (quel­lo mancato di Taylor sul rigore non assegnato per il mani di Fernando) dal secondo trofeo europeo in due anni, lo deve so­prattutto alle magie dell’argen­tino.

I numeri sono freddi, poco rispettosi ed evidenziano ad esempio che in campionato hai segnato soltanto tre gol su azio­ne (Empoli, Udinese e Cagliari) e alla pari del collega Lukaku – al netto del rigore trasformato contro Carnesecchi – non hai mai inciso negli scontri diretti. Costa troppo, gioca poco, è de­cisivo soltanto con le me­dio-piccole: riflessioni che De Rossi ha già spazzato via para­gonando Paulo a Totti. Ora pe­rò serve che l’argentino ci met­ta del suo e (si) regali una Joya. Quale migliore occasione di farlo già col Feyenoord? Pro­prio agli olandesi è legato il gol più bello della passata stagione giallorossa (e probabilmente della sua esperienza romani­sta). Una magia che sol­tanto un campione può inven­tarsi, all’ultimo minuto della gara di ritorno, senza la quale l’avventura della Roma sareb­be finita con largo anticipo rispetto a Budapest.