La Repubblica (M.Molinari) – “Fra i nostri club c’è un patto di sangue, il progetto della Superleague ha il 100 per cento di possibilità di successo, andiamo avanti”. Andrea Agnelli, presidente della Juventus, parla prima di partecipare ad una riunione digitale notturna fra i soci fondatori della Superlega con in agenda lo scenario della sfida con l’Uefa e quanto sta avvenendo in Gran Bretagna, dove si sono ritirate le sei squadre inglesi. La situazione è tesa perché in gioco c’è non solo la sfida alla Uefa ma la credibilità dei più grandi club del Continente, Juventus inclusa.
Presidente Agnelli, la Superlega perde pezzi, il progetto rischia di affondare?
Fra i nostri club c’è un patto di sangue, andiamo avanti.
Ritiene che il progetto possa ancora avere successo?
Sì, ha il cento per cento di possibilità di successo.
La vulnerabilità della Superlega è nell’essere accusata di rappresentare un progetto elitario che snatura il calcio europeo trasformandolo da sport popolare in un club per ricchi. È questo ciò che volete fare?
No. Vogliamo creare la competizione più bella al mondo capace di portare benefici all’intera piramide del calcio, aumentando la distribuzione delle risorse agli altri club e rimanendo aperta con cinque posti disponibili ogni anno per gli altri da definire attraverso il dialogo con le istituzioni del calcio.
Ma una simile competizione non è una minaccia mortale per i campionati nazionali?
Nessuna minaccia, c’è piena volontà di continuare a partecipare a campionato e coppe nazionali.
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Come è possibile che tre squadre italiane della Superlega, prendendo ogni anno un bonus di 350 milioni, non alterino l’equilibrio della Serie A a cui partecipano?
Il bonus di 350 milioni l’anno è falso. Noi rimaniamo nelle competizioni domestiche, andremo a giocare in ogni stadio d’Italia, di Spagna e d’Inghilterra. Il nostro lavoro resterà intrinsecamente legato alle competizioni domestiche.
L’Uefa vi vuole espellere, i campionati locali minacciano di non farvi giocare e i vostri giocatori rischiano di non poter vestire più le maglie nazionali. Non temete il boomerang di rimanere isolati?
Temo molto di più una situazione di monopolio di fatto con il tentativo di impedire a società e giocatori di esercitare le proprie libertà sancite dal Trattato dell’Ue. Bisogna uscire da questa situazione di monopolio dove i nostri regolatori sono i nostri principali rivali. È un esercizio delle libertà.
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Resta il fatto che in questo momento sembrate circondati. Qual è la mossa per rompere l’assedio da parte delle istituzioni del calcio europeo e nazionale?
Abbiamo fiducia nella bontà della nostra iniziativa che crediamo avrà successo nel breve periodo. L’iniziativa intrapresa, come previsto dal Trattato Ue, porterà a veder riconoscere un nostro diritto. Per questo teniamo il dialogo aperto con istituzioni, Fifa e Uefa.
Eppure l’Uefa vi considera “illegali”…
Ciò che stiamo facendo è perfettamente legale. Stiamo esercitando una libertà prevista dal Trattato dell’Ue. E questo è molto importante.
Come hanno reagito i giocatori della Juve all’annuncio?
Mi hanno chiesto quando si comincia.
Ritiene davvero di poter aprire una trattativa con Fifa o Uefa?
È il nostro auspicio. Abbiamo scritto ai presidenti di Fifa e Uefa per dialogare.
Il numero uno della Juventus è stato intervistato anche dal Corriere dello Sport. Le sue parole:
Al cuore delle obiezioni mosse, c’è un concetto molto chiaro: il vostro progetto elitario che snatura il calcio, trasformandolo da sport popolare in club dei ricchi. Cosa risponde?
Non è assolutamente così. E’ una competizione che rimane aperta e prevede cinque posti a disposizione degli altri club.
Lei ha spesso ripetuto che non era la Superlega a farle cambiare idea suifondi. Conferma?
Se i fondi ripresentassero le condizioni che offrirono il 3 di febbraio anche oggi non ne favorirei l’ingresso. Ho f ornito ampie spiegazioni anche in Lega. Ho detto che temevo una flessione dei valori della Serie A.
Lei cosa teme?
Io temo molto il populismo, la demagogia e che qualcuno non prenda atto dello stato di monopolio nel quale ci muoviamo. Minacce, questa la risposta che abbiamo ottenuto. Ad ogni modo, non siamo assolutamente preoccupati.