Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – James Pallotta 1, in varie occasioni: «Fino a quando si sentirà di farlo, Francesco giocherà per la Roma e poi resterà a vita nel club». James Pallotta 2, nell’anticipazione di un’intervista concessa al Corriere dello Sport: «Spalletti ha l’appoggio della società? Assolutamente sì. Luciano è il nostro allenatore, da quando è arrivato sono cambiate in meglio tantissime cose e non parlo solo della gestione della squadra in campo. Nessun giocatore viene prima degli altri. La reazione di Francesco mi ha sorpreso, non me l’aspettavo, ma per una parte l’ho capita: è un grande giocatore, ha fatto la storia della Roma, adora competere, è una superstar». Quale è il Pallotta vero? Il primo che parla al futuro di Francesco Totti o il secondo che, come Spalletti, parla di una leggenda del passato? La risposta arriverà ai primi di marzo, quando il presidente della Roma sbarcherà a Roma — questa volta andrà anche a Trigoria, dove manca da quasi un anno — e parlerà faccia a faccia con Francesco Totti. C’è un contratto da calciatore che scade il 30 giugno. C’è un accordo sottoscritto con la vecchia proprietà che prevede per Totti sei anni da dirigente con stipendio «apicale» (in questo momento i 600mila euro netti a stagione del direttore sportivo Walter Sabatini).
C’è la voglia del capitano di giocare almeno un’altra stagione, per arrivare a 40 anni con addosso la maglia che per lui è una seconda pelle. C’è l’intenzione del club di anticipare i tempi: Totti dirigente piace più di Totti calciatore, anche perché faciliterebbe il lavoro di Spalletti. L’endorsement di Pallotta verso il suo allenatore è stato chiarissimo. Spalletti è l’uomo della provvidenza: ha risollevato la squadra con 5 vittorie consecutive, riportando la Roma in piena lotta per il terzo posto. Spalletti si è guadagnato il suo potere con i risultati e vuole lavorare a modo suo. È venuto a Roma per prendersi delle rivincite e lo sta facendo. Esiste un modo per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle? C’è una soluzione per fare felici tutti? Difficile, se non impossibile. La stagione di Totti è stata costellata di infortuni: avrebbe bisogno di giocare di più per ritrovare il top della forma. Spalletti gli ha detto che «non può regalargli niente» e, anche se il concetto è giusto, l’uso del verbo non è il massimo del sostegno. È questo che Totti intende per «rispetto». Non pretende una maglia da titolare, ma non vorrebbe sentirsi dire che dargliene una sia soltanto una concessione al suo passato. La comunicazione muscolare di Spalletti ha fatto breccia tra i tifosi romanisti. Sono in tanti, soprattutto sui social, a esaltarlo perché «attacca i giocatori al muro». Come se non fosse più importante il lavoro tattico certosino, l’attenzione ai particolari e il gusto per il gioco che l’allenatore di Certaldo ha sempre portato con sé. Per i criteri di Spalletti, probabilmente, Totti correva poco anche negli anni d’oro. Però segnava, serviva assist, inventava lanci che altri giocatori non potevano nemmeno immaginare, era «il Dio di Roma», come lo ha definito John Arne Riise. Ma ora sembra passato un secolo.