La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini) – E’ vero, nel calcio moderno le 14.30 è un’ora deputata alla pennichella, ma la derelitta Roma di questo fine 2015 è riuscita a svegliare d’un colpo tutta la Capitale e a scrivere una pagina di storia negativa che non sarà dimenticata in fretta. Un club da circa 115 milioni di stipendi viene eliminato agli ottavi di Coppa Italia per 2-4 ai rigori – dopo lo 0-0 maturato al termine dei supplementari – da un generoso (e poco più) Spezia, che approda ai quarti come non accadeva dalla stagione 1940-41. Dal dischetto è Acampora a portare i bianconeri dentro un sogno chiamato semifinale (ai quarti incontreranno l’Alessandria di Lega Pro) e a far correre sotto la curva squadra e dirigenti impazziti di gioia. Sentimenti esattamente speculari a quelli dei romanisti, dal momento che era dal 2000-01 che i giallorossi non salutavano la manifestazione a questo punto. Gli ottimisti si possono consolare pensando che al termine di quell’annata arrivò il 3° scudetto, i realisti invece non possono che raccontare come, contro una squadra al 9° posto in Serie B, la Roma sia stata imbarazzante, soprattutto per colpa di una manovra offensiva che non ha creato una sola vera palla gol in 120 minuti. Applauso doppio perciò ai 7.167 presenti, quasi una metà dei quali provenienti da La Spezia e che hanno fatto giocare virtualmente i bianconeri in casa, visto che lo sparuto tifo giallorosso si è fatto sentire in pratica solo per fischiare la squadra di Garcia e cantare da un certo punto in poi: «C’avete rotto er ca…».
PALLOTTA CHIEDE SCUSA AI TIFOSI – Pur usando termini diversi, anche il presidente Pallotta è furioso. «Non sono mai stato così arrabbiato – ci ha fatto sapere –. Dovrebbero essere tutti imbarazzati. Sono disgustato. Chiedo scusa ai tifosi». E nella classica telefonata del post-partita col d.g. Baldissoni ha fatto il punto, anche se i contatti sono continuati sino a notte (italiana). Per parte sua è toccato a Sabatini fare il punto con Garcia, che nello spogliatoio aveva parlato alla squadra esprimendo concetti già noti: «Occorre voltare pagina e battere il Genoa a tutti i costi». È stata valutata anche l’ipotesi del ritiro, che ieri non è stato ordinato. Probabile però che già da oggi (o al massimo da domani) il gruppo venga blindato a Trigoria, anche per dare un segnale ai tifosi.
LIPPI, SPALLETTI E MAZZARRI – A dispetto del contratto fino al 2018 – voluto espressamente da Pallotta – l’impressione forte comunque è che domenica contro i rossoblù di Gasperini l’allenatore francese si giochi la panchina, complice anche la sosta. Garcia comunque non si dimetterà e questo, causa ingaggio, condiziona il futuro. Piacerebbe molto Ancelotti, ma l’ingaggio e la necessità di un traghettatore rendono l’ipotesi difficile. Si parla di un (nuovo) contatto con Lippi per offrirgli la panchina per sei mesi e magari, nel caso andasse bene, confermarlo nel ruolo di direttore tecnico, soprattutto se in estate si riuscisse a concretizzare l’ambizione di avere Conte. Lippi però sembrerebbe tiepido nel rivestire (solo) la figura del tecnico «ponte» e così, se domenica le cose dovessero precipitare, restano vive due piste, quelle che portano a Spalletti e Mazzarri. Inutile dire che, visto il curriculum di entrambi, neppure loro vorrebbero solo «traghettare» e perciò si pensa anche di proporre un contratto di sei mesi, da prolungare in automatico in caso di qualificazione in Champions, anche se neppure questa formula sarebbe gradita ai due. La sensazione è che – al netto degli ingaggi pesanti – di Spalletti piaccia il gioco ma venga zavorrato dal passato giallorosso, mentre di Mazzarri sia gradito lo spirito leaderistico, ma destino perplessità le idee di calcio. Insomma, situazione fluida, che potrebbe avere anche risvolti dirigenziali, visto che solo la scorsa settimana il d.s. Sabatini – ormai pesantemente sotto accusa per un mercato zoppo – aveva detto: «Se affonda Garcia,affondiamo tutti». Possibili quindi le dimissioni in caso di esonero? Difficile, anche se è noto come Conte (se arrivasse) amerebbe lavorare con l’ex giallorosso Perinetti. Chiudiamo col classico «piove sul bagnato», visto che anche per il nuovo stadio non tira buona aria. Ieri infatti Giovanni Caudo, ex assessore all’Urbanistica del Comune e fra i «padri» dell’idea, ha detto perplesso a Trs: «Le integrazioni al progetto del nuovo stadio ci erano state promesse per settembre, poi per novembre. Non so perché ci sia questo ritardo». A pensarci bene, una frase del genere potrebbe valere ormai anche per la Roma.