“Pensavamo che questa potesse essere una giusta tappa per continuare a crescere. Stiamo bene, siamo un gruppo giovane e di prospettiva. Poi l’allenatore è italiano e questo ci aiuta: l’olandese è incomprensibile! Però l’inglese lo dobbiamo imparare“. Inizia così l’intervista rilasciata da Edoardo Soleri e Moustapha Seck rilasciata al sito gianlucadimarzio.com. I due, rispettivamente attaccante e terzino, sono in prestito secco dalla Roma all’Almere City, squadra che attualmente milita nella seconda serie olandese. Le loro parole:
SECK:
“È stato Santoni a convincermi a venire ad Almere, soprattutto spiegandomi che il calcio olandese è più adatto a esaltare le mie doti in fase offensiva. Differenze? L’Eerste Divisie non è tattica come la Serie B italiana, ma in termini di competitività non è seconda a nessuno“.
Un giocatore con cui hai giocato che hai apprezzato?
Pasqual l’ho seguito il più possibile, volevo imparare tanto da lui. Quello era un gruppo veramente forte.
Analogie all’Almere City?
Siamo una squadra giovane, ma certamente la promozione è un nostro obiettivo. Vogliamo vincere il campionato: per Almere e per tutta la gente che comincia a seguirci numerosa.
Novità rispetto all’Italia?
Fa freddo, ma mi piace andare in giro in bicicletta. Una bella novità rispetto all’Italia.
Tu che hai giocato sia nella Lazio che nella Roma, com’è il derby?
Da qualunque parte lo si viva, il derby della capitale è l’evento più bello che c’è in Italia. Ho avuto modo di conoscere anche Barcellona-Espanyol (Seck è cresciuto nella cantera blaugrana, ndr), ma non è niente del genere. L’adrenalina di Roma-Lazio è unica: se ne parla giorni e giorni prima, anche per le partite delle giovanili.
Come è stato il primo giorno da romanista, dopo esser stato laziale?
Il primo giorno alla Roma, quando ho fatto le visite, è stato il giorno in cui ho conosciuto Francesco Totti: io, proveniente dalla Lazio, non immaginate che paura avevo a stringergli la mano! Ma lui mi ha semplicemente salutato, mi ha chiesto come stavo, sincero. Nessuna battuta, nessun trauma da derby. E da quel momento mi sono trovato molto bene in giallorosso.
Idolo di sempre?
Ronaldinho su tutti per la motivazione che sapeva trasmettere. Vedevo come sorrideva al Barcellona e subito mi saliva l’entusiasmo per giocare a calcio e cercare di fare quello che faceva lui.
SOLERI:
“Certo, allenarsi tra Spezia e Roma con dei campioni del mondo come Gilardino e De Rossi è un privilegio. Ma la vera palestra è la partita: non c’è nient’altro che possa emozionare di più. All’Almere voglio giocarne il più possibile e fare più gol possibili“.
Dzeko?
Uno dei numeri nove più forti che ci siano: facile dirti che per un attaccante come me è un esempio. Ma anche Nainggolan, Pjanic. Se mi scordo qualcuno è perché sono davvero in tanti ad avermi impressionato: uscire da un settore giovanile così importante è stata la mia fortuna. Ho sempre cercato di rubare qualcosa con gli occhi, di chiedere consigli.
Che squadra è l’Almere?
Questo è un club recente, ma con tanta voglia di emergere. Il presidente è un personaggio entusiasta, senza paura di investire. I campi non mancano, le strutture sono nuove. Lo stadio è piccolo ma verrà ampliato: l’ambizione del club è quella di raggiungere l’Eredivisie, già quest’anno siamo nel gruppetto di testa e ci crediamo fino alla fine.
La vita in Olanda?
Qui si cena alle sei e mezza! La cultura olandese è un po’ diversa dall’Italia, le persone sono più chiuse. Non è sempre semplice, ma ci si deve abituare. La cosa importante è il campo, la vita fuori non deve essere un problema.
Serie tv?
Game of Thrones mi sta prendendo molto, la guardo sempre quando si va in trasferta.
Voi due eravate già amici?
Abbiamo condiviso un ritiro insieme con la Roma in prima squadra, ma ci conoscevamo da parecchio tempo per tutti i derby giocati quando Musta stava alla Lazio. Si sa com’è in questi casi: quando ci si ritrova sembra che sia stato ieri l’ultima volta.
Tu invece, al contrario di Seck, sei cresciuto nel settore giovanile della Roma…
Per forza, in una casa in cui tutti tifano Roma. Totti è il mio idolo sin da quand’ero bambino, il giocatore italiano più forte di sempre.
Però sei cresciuto lontano da Roma…
Sono nato in Italia, ma i miei primi dieci anni li ho vissuti in Brasile, a San Paolo. Se calcisticamente mi sento formato lì? No, ero ancora troppo piccolo. Però del Sud America mi ricordo la passione, sicuramente mi ha stimolato a seguire poi questa strada.