Riguardatelo. Non ha esultato subito. Ha colpito di testa, saltando per un attimo più in alto di tutti, ha segnato, poi si è girato, gli è uscito un sorriso ma nemmeno così diverso da quello che naturalmente ha stampato su quel viso ragazzino, poi si è voltato e s’è messo a correre verso Totti quasi per riconoscenza, quasi a chiedergli se era successo veramente, mentre tutta la Roma attorno gli urlava un implicito sì andandoselo ad abbracciare. Forte. Forte, forte. Come un ragazzino verso un padre. E come solo un papà fa col suo bambino. Ci ha messo qualche secondo a capirlo. Un breve lunghissimo attimo di stordimento, un tempo vuoto e sospeso che soltanto la felicità può riempire, quel momento in cui ti chiedi “dimmi cos’è?” perché tu non lo sai dire. Dimmi cos’è che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo, dimmi cos’è che ci fa sentire uniti anche se siamo lontano…
Così lontano che quando Totti giocava con la Roma, Romagnoli nemmeno era nato, e più lontano di così non ci puoi stare. Tu non c’eri, la Roma sì. Un gol. Vent’anni. Un gol che è una macchina del tempo. Un gol che ritorna al futuro con un assist fatto con la nostalgia delle cose non ancora accadute ma che alla fine accadranno per forza. E per forza, forza Roma. Il gol di Alessio Romagnoli è il gol di una generazione che sembra non aver futuro in quest’Italia ma che sta per esplodere, è un gol senza governi e senza papi, ma che sa di pane, del calcio quand’era pallone, delle merendine di quand’ero bambino che non torneranno più. E’ rigiocare un attimo a nascondino e farlo stavolta con la storia in quel momento in cui non ti stai rendendo conto che ci sei appena entrato.
Il gol di Romagnoli è il gol di Alessio e dentro ha tutte le risposte a quella domanda che in fondo è la vita (dimmi cos’è?) senza pronunciarne nemmeno una, perché non puoi sceglierle. Perché non c’è bisogno di dirlo. Perché non ce la fai a dirlo. A raccontarlo. A scriverlo. Nemmeno a riguardartelo questo gol della Roma. Perché poi a fine partita arriva un’altra immagine che ti spiega meglio quello che non puoi spiegare e che ti batte forte forte in fondo al cuore… Quando i figli di Francesco Totti si mettono a correre verso il papà con la maglietta dove c’è scritto “Sei forte papà”. Quando Totti li guarda, e come se li guarda. Quando Totti se li abbraccia prima uno e poi l’altro eppure tutti insieme perché i figli non si preferiscono, né si scelgono: si amano. Si proteggono. Si stringono. Si abbracciano. Sempre. Ogni momento. Stretti, stretti. Qui. Per sempre qui. E tu capisci che può succedere tutto, che possono passare vent’anni o mille, puoi litigare, arrabbiarti, amare, sposarti, separarti, rinnamorarti, lavorare, votare, protestare, morire, dormire, forse sognare, ma quell’amore starà sempre lì, più grande e più forte di tutto. Ieri sera Francesco Totti ha raccontato la storia più antica del mondo, quella dei padri e dei figli e l’ha chiamata Roma. Ti toglie il respiro. Ti parla d’amore.
Il Romanista- Tonino Cagnucci