Corriere dello Sport (M.Evangelisti) – In realtà i tavoli tecnici che domani dovranno trovare la quadratura del cerchio perché si possa dare finalmente il via libera allo stadio di Tor di Valle sono addirittura due: uno si occuperà di adattare il progetto alle prescrizioni messe nero su bianco dal Comune nel parere negativo di alcuni giorni orsono (in realtà, come hanno fatto notare alla controparte gli avvocati della Roma, tutte le pagelle sono positive e solo il giudizio riassuntivo è una bocciatura, altro argomento che peserebbe in sede legale); l’altro deve occuparsi della diminuzione delle cubature.
INTERESSE – Lo stesso presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito ieri ha ammesso, ed è la prima volta per una voce ufficiale, che proprio a questo tema si sta lavorando. C’era già un’approssimazione di accordo: da circa un milione di metri cubi a 750.000. Il Comune vorrebbe scendere un altro po’, la Roma e il costruttore Luca Parnasi non possono andare oltre una certa soglia perché verrebbe meno la convenienza economica dell’intera iniziativa. E non si può semplicemente togliere uno dei tre grattacieli previsti: si snaturerebbe eccessivamente il progetto. L’alternativa è abbassare decisamente l’altezza delle torri o ancora intervenire sulle altre strutture commerciali. Non è semplice, appunto, ma è obiettivo di tutti raggiungere l’accordo. Altrimenti anche il Comune rischia di ritrovarsi, minacciosa e immortale, la delibera di interesse pubblico della giunta Marino in tutta la sua validità. Devono restare intoccabili le opere pubbliche (viabilità, trasporti) previste da tale delibera, per un costo di circa 250 milioni su 1,6 di investimenti totali. Qualcosa bisogna limare, ma non da questo settore. Allora è probabile che a essere sacrificati per primi saranno i 40 ettari di parco fluviale. Un bel risparmio: meno alberi, niente attracchi sul Tevere, niente videosorveglianza di un’area molto vasta. Un peccato. Ma il punto è che la Roma e la società Eurnova di Parnasi sono disposte a rinunciare a parecchio pur di portare a casa i permessi di realizzazione della parte qualificante – e conveniente – del progetto. Poi bisognerà probabilmente tagliuzzare qualche altra cosa. Se ne occuperanno i tecnici, appunto. Nel frattempo l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini, oppositore del progetto, si tiene da parte qualche freccia. Sono i suoi uffici che devono stilare l’indispensabile variante al piano regolatore, che comunque va votata e secondo la Regione qualche giorno prima del 3 marzo. Non è che il tempo abbondi. Aggiungiamo che Berdini è l’unico rappresentante della giunta in possesso della competenza professionale per occuparsi della questione, dunque è anche difficile possano sfilargliela semplicemente di mano.
LE DATE – Alla fine cresce l’ottimismo ma crescono pure i nervosismi, la fretta, l’ansia. Se il 3 marzo dalla conferenza dei servizi arrivasse finalmente, dopo un’odissea di cinque anni, l’assenso sospirato, un altro mese se ne andrebbe per la stesura dei documenti. Poi ci sarebbero le gare d’appalto per le opere pubbliche, lo scioglimento di eventuali ricorsi da parte, per esempio, di associazioni ambientaliste. L’amministratore delegato della Roma, Umberto Gandini, ha citato l’anno 2020 per il debutto nel nuovo stadio. Ma forse faremo prima, ha aggiunto per chiarire che non si trattava di disfattismo.