Accordo Lotito-Cairo, Tebas in segreto a Roma: sarà lui l’ad della Lega di A

Repubblica.it (F.Bianchi) – I venti presidenti della Lega di serie A, forti dei (tanti) soldi dei diritti tv, adesso vogliono contare di più. E vogliono sbrigarsela da soli, approfittando dell’assenza del commissario Giovanni Malagò, in Corea per i Giochi invernali. Qualcuno c’è anche rimasto male perché il numero 1 dello sport ha mandato solo una lettera e non si è presentato lunedì scorso all’assemblea di Milano, quella che ha assegnato i diritti tv a Mediapro. Ma Malagò era più che giustificato: sabato è partito per la Corea, aveva impegni istituzionali (con il Cio e con gli sponsor) e poi gli atleti avevano reclamato la sua presenza ai Giochi. Non poteva, quindi, essere a Milano, e nemmeno spostare la partenza per l’Estremo Oriente. “Siamo stati fortunati, evidentemente avevano fatto un buon lavoro prima“, Giovanni Malagò commenta così da Pyeongchang l’assegnazione agli spagnoli di Mediapro dei diritti tv della serie A per il triennio 2018-2021. Il capo dello sport italiano ha aggiunto di avere “seguito l’assemblea della Lega in diretta” dalla Corea. Alcuni presidenti, comunque, vogliono approfittare del fatto che Malagò sarà in Corea sino al 25 (a meno che anticipi il rientro) e definire tutte le cose al loro interno, tagliandolo di fatto fuori. Per questo, 8 società hanno chiesto ai due vicecommissari Nicoletti e Corradi di indire un’assemblea elettiva per il 14 febbraio, giorno di San Valentino. Per fare il golpe in assenza di Malagò comunque ci vogliono 14 voti, si possono trovare solo se c’è un accordo Lotito-Cairo. Si va in quella direzione ormai.

I club riformisti sono sette (Juve, Roma, Inter, Sassuolo, Samp, Fiorentina, Samp) e si oppongono al progetto di Lotito e dei suoi alleati di votare adesso. Anche a Cairo non piace il commisariamento di Malagò e poi vuole fare votare lo spagnolo Javier Tebas come amministratore delegato della Lega di serie A, una carica nuova nel panorama italiano. Tebas, come si sa, ha simpatie franchiste (ha fatto parte in gioventù di Fuerza Nueva), dal 2013 è presidente della Liga professionale di Spagna che vorrebbe rinnovargli il contratto (guadagna 629.033 euro fissi più circa 250.000 variabili in base agli obiettivi raggiunti), ed è amico e socio in affari di Jaume Roures, catalano e indipendentista, l’uomo che con Mediapro ha fatto ricco il calcio spagnolo e ora è approdato anche in Italia. Tebas è in pessimi rapporti con Fifa e Uefa e come presidente della Liga di Spagna si è battuto perchè l’Italia non avesse dal prossimo anno quattro club in Champions (chissà se ora ha cambiato idea?). Suo figlio inoltre raccoglie la pubblicità in Spagna per Mediapro. La scelta di Tebas (55 anni, avvocato, origini del Costarica, incarichi in 46 diverse società), quindi, fa discutere. C’è aria di conflitto di interessi e in più il n.1 della Liga per sbarcare a Milano ha chiesto un milione e duecentomila (netto) per sé e 600.000 euro (netti) per il suo braccio destro. Tebas oggi è a Roma, in gran segreto, e con Lotito sta facendo colloqui riservati in alcuni hotel del centro. Cairo ci tiene molto a lui, conoscendo bene il mercato del calcio in Spagna e avendo anche interessi editoriali. In corsa c’è (o c’era vista la piega che sta prendendo la vicenda) per diventare ad, anche Luigi De Siervo, ora a Infront Italia, l’uomo che ha portato nelle casse dei presidenti 1500 milioni. Probabile che alla fine venga scelto Tebas, il cerchio di Cairo è quasi chiuso.

Il giorno di San Valentino, quindi, si cercherà di chiudere il discorso della governance. Per la presidenza è in corsa Umberto Gandini, ora ad della Roma, che però non ha ancora garantito la sua disponibilità. Lotito, come al solito molto attivo, propone Vegas, ex Consob, uomo di centrodestra come lui, oppure il generale Del Sette. Lotito non vuole un uomo di calcio, la sua “passione” sono soprattutto i magistrati e i militari. Ma Lotito vuole una poltrona per sé, eccome. Dopo aver ricordato ai suoi colleghi che “dal 5 marzo cambieranno molte cose”, essendo lui candidato per Forza Italia in un collegio blindato, ha spiegato chiaramente che uno dei quattro posti riservati ai club in consiglio di Lega deve essere suo. Gli interessa poco, al momento, entrare in consiglio federale, essendo la Figc commissariata. Di questo, semmai, si parlerà più avanti (i posti per la Lega di A nel governo del calcio sono tre, il presidente e due consiglieri: in corsa c’è anche Beppe Marotta). In consiglio di Lega, fra i tre indipendenti, uno dovrebbe essere Marco Brunelli, stimatissimo dg della Lega, mentre, al momento, Carlo Tavecchio non avrebbe molte speranze di entrare. “Non è stato nemmeno menzionato“, ci hanno spiegato. Ma lui non è tipo che si arrende facilmente, e ultimamente si è riavvicinato molto a Lotito.

La Lega di A è la locomotiva del calcio italiano, nei prossimi tre anni dovrà distribuire ricavi per 5 miliardi e mezzo, è giusto quindi che si dia una dimensione moderna e più manageriale. Ma senza consegnarsi del tutto in mani spagnole: anche da noi ci sono dirigenti preparati. Di sicuro molti club, soprattutto medio piccoli, non hanno alcuna intenzione di scendere da 20 a 18 squadre, “almeno per tre anni non se ne parla nemmeno” assicurano dopo aver visto i soldi dei diritti tv e del paracadute. Per questo non è piaciuta la dichiarazione del commissario Figc, Fabbricini, poco amato a Milano così come Malagò. La Lega di A vuole contare di più: ora è al 12 per cento, mentre la Dilettanti vale il 34% e la Lega Pro il 17%. “Dobbiamo arrivare almeno al 20 per cento“, spiegano i presidenti di A: ma a scapito di chi? Sibilia e Gravina sono pronti a fare le barricate e a Nicchi guai se gli tocchi il suo due per cento. Chi deciderà quindi di cambiare i pesi elettorali? Fabbricini o un’assemblea straordinaria?

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