Abolita la Procura Aia: giustizia in mano alla Figc

Corriere dello Sport (G. Marota) – Quel “non sapevamo, non ci aveva detto nulla” non poteva e potrà bastare come giustificazione. E così l’Associazione Italiana Arbitri ieri ha pagato il conto per non essersi accorta degli affari illeciti di Rosario D’Onofrio, il procuratore arbitrale arrestato giovedì nell’ambito dell’operazione antidroga condotta dalla Guardia di Finanza.

Com’è possibile che nessuno sapesse che “Rambo” era già stato condannato per traffico di droga e che continuava a fare il procuratore durante gli arresti domiciliari? Perché non è stato sospeso neppure dopo il deferimento notificato a fine ottobre per la vicenda dell’assistente Avalos? Domande al momento senza risposta.

Noi non siamo la mafia” disse Alfredo Trentalange un mese e mezzo fa: parole che alla luce degli ultimi eventi hanno un suono macabro. Certamente ha ragione lui: l’Assoarbitri non è un’associazione a delinquere, eppure l’antimafia sta indagando sull’uomo che nell’associazione avrebbe dovuto far rispettare le regole.

E così ieri l’AIA ha perso i suoi organi di giustizia: la procura arbitrale, la commissione disciplina nazionale e la commissione disciplina d’appello confluiranno nella giustizia della Federcalcio a partire dal 1 gennaio. Entro il 15 dicembre vanno adeguati i principi informatori, pena la discesa in campo di un commissario ad acta.

Gravina ha parlato di decisione condivisa “con il presidente del Coni Malagò e col ministro Abodi” e nel consiglio di ieri, convocato d’urgenza, la proposta è passata all’unanimità; anche se la Serie A fa sapere di aver detto “sì” solamente per dare un segnale di unità, ritenendo che si sia persa un’occasione per ripensare il sistema arbitrale (senza però illustrare proposte in merito).

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